La Costituzione si tinge di verde
La Costituzione si tinge di verde – La tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi entrano nella Costituzione italiana. Il nuovo testo della Carta fondamentale della Repubblica è stato approvato in via definitiva il 9 febbraio dal Parlamento dopo una quadruplice lettura in Senato e alla Camera dei Deputati.
Si tratta di un’innovazione notevole, che mette questi temi sullo stesso piano di importanza della promozione di cultura e ricerca tecnica e scientifica. Un voto trasversale a larghissima maggioranza ne ha suggellato la portata.
Di biodiversità e di ecosistemi in ambito urbano ha recentemente scritto il biologo Francesco Tomasinelli sulla rivista About Cities, pubblicata annualmente da EuroMilano. Essa incarna la volontà di condurre attività di studio e approfondimento culturale che indaghino a fondo il tema delle città globali – profondamente connesso con la storia e la vision di EuroMilano – attraverso una pluralità di approcci e strumenti. Il contributo di Tomasinelli affronta il tema delle reti ecologiche come base per la tutela e promozione della biodiversità in ambito urbano, offrendo spunti di riflessione che fanno ben sperare per il futuro del verde in città, non più considerato come semplice arredo.
Nel pieno solco di questa visione si situano i molti esperimenti di tutela e promozione della piccola fauna e degli insetti che da diversi anni si stanno conducendo nel parco di UpTown grazie alle molte attività organizzate all’interno del palinsesto di iniziative promosse da Cascina Merlata Spazio Vivo. Si tratta di un percorso di lunga data, che vede alternarsi momenti di riflessione e approfondimento (i corsi professionalizzanti per gli architetti e gli incontri pubblici sui temi ambientali) a iniziative di coinvolgimento della popolazione residente (l’introduzione del primo apiario urbano d’Italia).
La rivista può essere ritirata in copia gratuita presso la sede di EuroMilano, via Lambruschini 36 (zona Bovisa, fermata Villapizzone del passante ferroviario), dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 18 oppure presso l’ufficio vendite di UpTown, via Pasolini 3, Milano, dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13. Solo per i residenti fuori Milano facendone richiesta alla mail: ufficiostampa@euromilano.it.
Leggi qui l’articolo completo a firma di Francesco Tomasinelli.
Sintesi
Le città, che ormai ospitano più del 50% della popolazione mondiale, sono sempre più grandi, inospitali, isolate dal resto del territorio e vulnerabili ai cambiamenti climatici. La trama verde delle reti ecologiche, applicate nel contesto urbano, può essere un valido riferimento per la progettazione di sistemi verdi per città resilienti. Nel testo sono analizzati casi applicativi a Genova e Milano, dove a scale diverse sono state progettate reti ecologiche polivalenti che hanno avuto significative ricadute nella pianificazione urbana.
Parte I. La strategia delle reti ecologiche
Dall’ultimo dopoguerra la crescente urbanizzazione ha generato un consumo di suolo molto elevato (circa 30 ettari al giorno in Italia, ISPRA 2016) e un’intensa frammentazione delle campagne e delle aree naturali, anche non protette, soprattutto a causa delle infrastrutture viarie. Strade e autostrade sono diventate, almeno sulla terraferma, una delle principali minacce alla conservazione della natura nel nostro Paese.
Per funzionare bene le aree protette non devono diventare isole verdi, assediate dalle urbanizzazioni e dall’agricoltura intensiva, ma essere, almeno parzialmente, collegate tra di loro grazie a corridoi ecologici, elementi verdi lineari che facilitino lo spostamento di piante ed animali. Questo approccio può compensare eventuali fenomeni di sovraffollamento o rimediare alle estinzioni locali, oltre a favorire lo scambio di geni con altre popolazioni.
È questo il principio alla base delle reti ecologiche, una strategia di conservazione della natura che vede in un sistema flessibile e aperto un modo per consentire alle popolazioni animali di sopravvivere anche in aree naturali frammentate sul territorio, come sono ormai una buona parte di quelle nei paesi più urbanizzati e popolati.
Le reti ecologiche vengono oggi applicate su scale diverse in tutto il mondo. Ci sono, per esempio, progetti di corridoi ecologici che comprendono gran parte del Sudamerica per consentire lo spostamento delle popolazioni di giaguaro tra le grandi aree protette del continente (Paseo Pantera della Wildlife Conservation Society), così come reti locali che definiscono quali sono i principali corridoi di collegamento tra le aree verdi, in un ambito più ristretto. L’Italia è interessata da una Rete Ecologica Nazionale, Reti Regionali e Reti Locali, che coinvolge tutto il Paese, con livelli di dettaglio e completamento che variano molto secondo le Regioni. Solo in piccola parte questi corridoi ecologici danno un contributo concreto e in molti casi esistono solo sulla carta, ma con le loro indicazioni possono comunque orientare le politiche urbanistiche, regolando l’urbanizzazione, in modo che la situazione non venga ulteriormente compromessa. Oggi, nonostante tutto, le reti ecologiche, qualunque sia la scala, sono uno strumento essenziale per la conservazione della natura. Per questo ogni area protetta, per quanto piccola, dovrebbe essere inserita in contesto più ampio.
Con rare eccezioni le città sono rimaste fuori dalla pianificazione delle reti ecologiche. I motivi, in molti casi, sono più che validi: le piccole aree verdi presenti nel tessuto urbano, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno habitat naturali preziosi e ben conservati, paragonabili a quelli delle aree protette e quindi non possono dare un contributo rilevante per la conservazione delle specie animali che guidano la definizione delle reti ecologiche. Basta però un veloce sguardo dall’alto, grazie a un’immagine satellitare, per capire che qualunque città di dimensioni medio-grandi presenta molte aree verdi, lembi di natura in una distesa di cemento. Ci sono parchi agricoli periferici, grandi parchi storici, parchi pubblici, giardini privati, filari di alberi e aiuole che nella media dei capoluoghi di provincia italiani possono totalizzare circa 30 metri quadrati per abitante, che variano tra i 417,6 m²/abitante di Trento a 3,1 di Crotone, con Genova attestata su 6,3, Torino su 24,1 e Milano su 17,4. Questa trama verde urbana può essere visualizzata come una ragnatela irregolare, costituita da fili spesso esili come un filare alberato e da nodi più grandi rappresentati dai parchi. Ma quella appena descritta è in realtà una situazione ideale: spesso infatti la ragnatela è danneggiata, piena di buchi o quasi del tutto inesistente. Per sistemarla e renderla efficiente occorre un lavoro paziente, preciso e anche coraggioso, come quello che farebbe un ragno per completare la sua opera. I fili della ragnatela, come noto, sono molto sottili, ma il carico che possono reggere è paragonabili a quello dell’acciaio a parità di peso. Le reti ecologiche possono regalare ai cittadini spazi più vivibili e accoglienti, ma risulta necessario reinterpretarne i ruoli e la struttura. Le città, anche quelle più grandi, non sono i deserti biologici che molti si aspettano ma un ambiente complesso che può ospitare un numero sorprendente di specie di uccelli, ma anche mammiferi, rettili, anfibi, insetti e pesci che nelle aree verdi urbane possono trovare rifugi dalla desolazione degli spazi interessati da agricoltura intensiva. Una trama verde urbana può aiutare gli animali e le piante residenti, ma in città la funzione faunistica diventa meno rilevante, perché la rete deve essere progettata soprattutto a vantaggio dei cittadini. Questo implica un nuovo approccio al verde urbano, che non è più considerato un elemento di arredo e decoro urbano, ma diventa un fornitore di servizi ecosistemici e viene progettato e gestito di conseguenza.
Parte II. Una rete ecologica polivalente su scala urbana
All’atto pratico le singole aree verdi non sono più viste come elementi isolati ma come parti di una solida trama verde. Due parchi a breve distanza, per esempio, risultano molto più stimolanti per i cittadini e per gli animali se sono tra loro collegati grazie ad una rete di piccoli giardini o strade poco trafficate con filari di alberi, che diventano la via preferenziale di spostamento. Dal punto di vista faunistico, inoltre, è importante la presenza di collegamenti verdi tra le aree naturali meglio conservate per compensare eventuali fenomeni di sovraffollamento o rimediare alle estinzioni locali. Un sistema così flessibile e aperto garantisce il buon funzionamento dell’ecosistema urbano, perché consente alle popolazioni animali di spostarsi e riequilibrarsi rapidamente.
Dal punto di vista funzionale una rete ecologica urbana è costituita da diversi elementi fondamentali interconnessi, ispirati a quelli delle reti ecologiche di vasta scala a vantaggio della fauna (ISPRA 2008).
Le Aree centrali o nodali (Core Areas) sono aree verdi ad alta naturalità rilevanti per il tessuto urbano, come i parchi storici con piante monumentali, i grandi parchi urbani, ma anche aree agricole non interessate da agricoltura intensiva o luoghi abbandonati dall’uomo che sono stati progressivamente riconquistati dalla natura, ospitando specie ed habitat differenti. Se la complessità del quadro che emerge lo richiede, è anche possibile definire aree secondarie, di minore estensione ed importanza, che vanno ad integrare la trama principale definita dalle aree nodali.
Le Fasce di connessione (Green and Ecological Corridors) sono corridoi verdi che facilitano gli spostamenti della fauna ma risultano utili soprattutto per collegare tra loro parchi e giardini con vie pedonali e piste ciclabili. Si tratta quindi di filari alberati, ampie siepi, così come fiumi e canali con sponde inverdite che scorrono nel tessuto urbano.
Le Aree di tappa o pietre di guado (Stepping Stones) sono aree di estensione limitata (anche meno di un ettaro) che, per la loro posizione strategica o gli habitat presenti, diventano importanti per sostenere il corridoio ecologico. In città questa funzione può essere svolta da piccole aree verdi, anche private, allineate in posizione strategica lungo le fasce di connessione principali.
Le Aree di varco (Gap) sono interruzioni o restringimenti di un corridoio ecologico che possono prevedere la messa a punto di sistemi per ovviare al problema. Tipicamente si tratta di punti in cui una fascia di connessione incontra strade o ferrovie ad elevata percorrenza, oppure aree densamente urbanizzate, che risultano essere vere e proprie barriere. L’azione tipica per recuperare la funzionalità di un varco, consiste nella costruzione di sottopassi, ponti con siepi e fasce alberate che possano facilitare il passaggio in sicurezza delle persone e degli animali.
Tra i benefici più evidenti che derivano da questo approccio al sistema del verde urbano ci sono il miglioramento della qualità dell’aria, la riduzione del rumore e delle isole di calore urbano, la mitigazione visiva, la gestione delle acque meteoriche in eccesso, tutti punti sempre più rilevamenti in un’epoca di cambiamenti climatici, che portano ad un generale miglioramento della qualità della vita immediatamente percepibile, pur con un occhio di riguardo per la biodiversità urbana. Una trama verde ben progettata può anche diventare un’occasione per creare percorsi di mobilità dolce, quali sentieri pedonali e piste ciclabili, e di iniziative di educazione ambientale, che possono generare un maggiore senso di appartenenza ai luoghi. Quella che nasce è quindi, più correttamente, una rete ecologica “polivalente”, che assieme alle funzioni a favore della biodiversità ne accoglie altre, generate dai bisogni dei cittadini.
In più, la visione strategica questo approccio permette di modulare le scelte di trasformazione urbana, così da individuare già in fase progettuale le criticità e le relative soluzioni, in termini di mitigazione, compensazione e migliore inserimento ambientale e paesaggistico. La progettazione delle aree verdi, quindi, non deve avvenire a posteriori delle scelte pianificatorie, ma contemporaneamente, in modo da individuare le soluzioni in un contesto più ampio.
La definizione di una rete ecologica polivalente in ambito urbano può avvenire attraverso una serie di fasi successive, che prevedono attività di ricerca, rilievi botanici e faunistici, sopralluoghi sul campo per verificare le informazioni e le volontà di cittadini e associazioni attive sul territorio. Il ruolo delle aree verdi esistenti o in progetto (inquadrate come aree nodali, fasce di connessione, aree di tappa, possibili varchi) è definito in base ai risultati dei sopralluoghi e ai benefici offerti, valutati come servizi ecosistemici erogati. Solo a questo punto si delinea la struttura della rete e si vedono in dettaglio gli interventi di gestione e miglioramento delle singole aree verdi e la progettazione di quelle nuove. Queste ultime, in particolare, dovrebbero adottare tutti gli accorgimenti tecnico-progettuali per fornire quanti più servizi ecosistemici (drenaggio urbano, contenimento del calore, assorbimento e fissazione inquinanti, ecc.), ridurre gli oneri di manutenzione e raccordarsi con la rete ecologica urbana.
Il processo deve prevedere necessariamente una campagna di comunicazione e coinvolgimento dei cittadini, che rende noto quanto si sta facendo. Questo ultimo aspetto è particolarmente rilevante sulla scala urbana: la rete ecologica polivalente funziona e si consolida solo quando è ben comunicata, ampiamente compresa e sostenute dai cittadini. Una delle formule più efficaci per aumentare il coinvolgimento del pubblico sono i cosiddetti “bioblitz”, termine nato nel mondo anglosassone che fa riferimento a giornate di monitoraggio divulgative, aperte a tutti i cittadini, nelle quale uno o più esperti (agronomi, botanici, biologi o naturalisti) vanno ad esaminare un’area verde assieme ai cittadini.
In estrema sintesi, definire una rete ecologica urbana polivalente richiede un approccio multidisciplinare che punta a realizzare un progetto efficace e sostenibile: efficace perché ha lo scopo di aumentare la multifunzionalità delle singole aree a verde, rispondere a problemi ambientali con Nature Based Solutions e quindi incrementare l’offerta di servizi ecosistemici; sostenibile per contenere gli oneri manutentivi e quindi presentare alle amministrazioni un rapporto costi/benefici soddisfacente.
Parte III. Alcuni casi studio
Le procedure seguite per definire lo studio di fattibilità delle reti ecologiche polivalenti su scala urbana devono essere molto flessibili, per adattarsi ai diversi contesti, alle scale variabili e ai dati di partenza, che possono essere differenti da Comune a Comune. Di seguito vengono presentati un monitoraggio della biodiversità in una grande area verde a Milano e due progetti di costruzione di reti ecologiche con approcci differenti, nelle città di Genova e Milano.
Monitoraggio della biodiversità a Cascina Merlata/Uptown Park, Milano
Nel corso della primavera – estate 2021 è stato condotto da Francesco Tomasinelli, autore del presente articolo, un monitoraggio faunistico nell’area pubblica dell’Uptown Park, a Nord Ovest di Milano, con l’intento di costruire un quadro della presenza di animali selvatici all’interno del parco. Tra questi è stata data massima importanza ai bioindicatori, cioè alle specie che possono fornire indicazioni sulla qualità dell’ambiente, prendendo in considerazione uccelli, farfalle diurne e libellule. Il principio guida è: se specie esigenti sono presenti in buon numero, sicuramente il parco è poco inquinato, gode di una buona salute, ampia diversità botanica e di habitat e risulta piacevole anche per chi lo frequenta.
Gli uccelli, in particolare, sono eccellenti bioindicatori, ben riconoscibili, attivi tutto l’anno e costituiscono un elemento essenziale di qualunque studio faunistico. Le farfalle diurne sono ben rappresentate anche nelle aree antropizzate e possono fornire molte informazioni sulla ricchezza floristica e qualità degli spazi aperti, le siepi e le aree ecotonali (di confine tra habitat diversi, come un bosco e un campo).Le libellule sono legate alle zone umide e possono fornire indicazioni sulla qualità delle acque e le condizioni delle sponde, e costituiscono quindi un ideale complemento delle farfalle.
I rilievi sul campo hanno previsto 6 uscite in Uptown Park da maggio a settembre 2021, alla mattina presto e nel tardo pomeriggio, lungo 2 transetti, segmenti di circa 300 metri di lunghezza individuati lungo le direttrici di sviluppo del parco, Nord-Sud ed Est-Ovest. Gli uccelli sono stati riconosciuti al canto o attraverso l’osservazione con i binocoli, mentre per libellule e farfalle in alcuni casi si è fatto ricorso a fotografie o alla cattura con il retino per avere una identificazione certa.
Un monitoraggio identico si era tenuto nella primavera – estate 2019, quindi è stato possibile fare una comparazione tra le due campagne. Tra i risultati, l’aspetto più interessante è stato il grande aumento delle specie di farfalle, passate da 12 a 18, con un incremento del 50%. Il merito va senza dubbio alla pratica di lasciare alcune aree di prato libere di crescere, che consente alle farfalle, alle api e agli altri impollinatori di alimentarsi grazie ai fiori dei campi. Di pari passo è stato anche incrementato il numero delle piante da fiore lungo le piste ciclabili, con effetti positivi. Anche il numero degli uccelli residenti o in visita è passato da 19 a 25 specie, grazie alla crescita degli alberi e all’incremento della complessità ambientale (più siepi, diverse tipologie di prato). Le libellule sono cresciute di poco, perché la qualità delle zone umide cui sono legate, come la testa del fontanile e i canali, era già elevata.
Nel corso della primavera, infine, sono state posizionate sugli alberi anche 20 casette nido per uccelli oltre a nuovi pannelli che raccontano le iniziative a favore della biodiversità.
Uno studio come questo risulta utile per verificare se gli interventi di miglioramento e manutenzione del parco sono positivi per la biodiversità, ed eventualmente indagare approcci diversi. Costituisce anche un potente elemento per il coinvolgimento nel pubblico (“se stanno bene gli animali selvatici più esigenti, vuol dire che è adatto anche a noi”) e generare un senso di appartenenza al parco e al quartiere in generale. È anche un primo passo per la creazione di una rete ecologica polivalente su scala urbana, nella quale Cascina Merlata/Uptown Park potrebbe essere una delle aree nodali.
Studio sulla biodiversità urbana e periurbana, preliminare al Piano del Verde di Genova Comune di Genova, Settore Parchi e Verde della Direzione Manutenzione Infrastrutture, Verde e Parchi (approvato con Deliberazione adottata dalla Giunta comunale nella seduta del 19/04/2012 N° 00112/2012).
Nel 2010 il Comune di Genova ha voluto valutare lo stato del verde cittadino, soprattutto il suo valore potenzialità per costruire una rete ecologica urbana polivalente. Dopo un anno di analisi, sopralluoghi e monitoraggi, è stato redatto lo Studio sulla Biodiversità urbana e periurbana (PN Studio, 2012). Composto da cartografia, relazione e linee guida, il documento dava mandato ai settori competenti di redigere il Piano del Verde, ovvero pianificare tempi e risorse economiche per l’attuazione degli obiettivi fissati dallo Studio.
Lo Studio contiene la bozza della rete ecologica urbana, con le aree nodali e i corridoi ecologici principali, la valutazione della qualità delle aree verdi urbane basata sui servizi ecosistemici offerti e il loro potenziale per incrementare la biodiversità e dà indicazioni progettuali sugli interventi di trasformazione previsti dal Piano Urbanistico Comunale (PUC). Lo Studio comprende una cartografia originale, formata dalla Carta della multifunzionalità delle aree verdi, Carta della Biodiversità (basata sulla definizione dei valori di biodiversità urbana ottenuti dall’atlante dell’avifauna urbana), Carta della sensibilità ecologica e della Rete Ecologica Urbana.
La progettazione delle aree a verde in queste aree in trasformazione, secondo il PUC, non doveva avvenire quindi a posteriori delle scelte pianificatorie ma contestualmente, in modo da individuare soluzioni e modalità sinergiche per riuscire a gestire un processo e non un’azione singola, che rischia sempre di ridurre il ruolo del “verde” a mero elemento di arredo.
Allo stato attuale, Genova non si è ancora dotata del Piano del Verde, sebbene lo Studio sia stato recepito dal PUC (Piano Urbanistico Comunale) e incluso nel Documento di ottemperanza della relativa VAS e nella tavola 3 Biodiversità
Le ecostrutture, ovvero le diverse tipologie di aree verdi e degli accorgimenti costruttivi volti a ridurre l’impatto delle attività umane, previste dallo Studio sono tuttora una risposta soddisfacente a problematiche aperte quali il rischio idrogeologico, la produzione di cibo e energia, la regolazione climatica, la conservazione della biodiversità. La fase successiva dovrà prevedere la pianificazione degli interventi per dare vita ad una rete ecologica polivalente.
Lo Studio sulla biodiversità urbana e periurbana di Genova ha indagato la “sensibilità” ecologica delle aree verdi: in verde minore, in blu intermedia e in rosso elevata (PN Studio, 2012). Le aree più sensibili sono quelle con qualità ambientale e biodiversità più elevata, ma anche quelle più vulnerabili agli impatti delle attività umane.
Collegare due parchi naturali attraverso il tessuto urbano di Milano. Lo studio di fattibilità di rete ecologica urbana del Progetto Riconnettimi, 2015
Grazie a un bando sulle connessioni ecologiche della Fondazione Cariplo, il Parco Nord Milano e un gruppo di comuni (Milano, Cormano, Novate Milanese) hanno avviato nel 2014 uno studio sulla possibilità di migliorare le connessioni ecologiche e la qualità ambientale di un territorio molto compromesso. Il progetto “RiconnettiMI. Perché un riccio passi a Nord di Milano” (http://riconnettimi.blogspot.com/p/progetto-di-connessione-ecologica.html) è partito dall’assunto che l’istituzione di aree protette attorno alla città (come il Parco Nord ad esempio) non può da sola garantire la conservazione del patrimonio biologico, ma necessita della realizzazione di una rete ecologica per la sua tutela e potenziamento.
Pertanto il progetto si è proposto di tutelare e incrementare biodiversità e qualità ambientale, individuando l’esatta tipologia e localizzazione degli interventi, funzionali alla realizzazione di connessioni ecologiche alla scala locale. I principali interventi progettati sono la deframmentazione strutturale, il miglioramento ambientale attraverso la ricostruzione di habitat, il mantenimento di alcune tipologie colturali e la diffusione di buone pratiche agronomiche.
L’ambito di studio ha interessato un territorio di 908 ettari fortemente urbanizzato, ma in cui sono tuttora presenti aree con rilevanti valori naturalistici e una forte identità sociale, dove sono attivi gruppi di cittadini e associazioni, tra cui Il Giardino degli Aromi Onlus, che ha curato il processo di progettazione partecipata. Analisi, rilievi e monitoraggi analisi in sito sono stati eseguiti dai tecnici del Parco, i rilievi floro-faunistici e paesaggistici da PN Studio, la biodiversità dei suoli dall’Università Bicocca. Le indagini sul campo hanno coinvolto 16 aree verdi campione, interessate da altrettanti “transetti”, dedicati allo studio dell’assetto della vegetazione, degli uccelli e delle farfalle, monitorati dalla primavera all’estate con 3 visite per ogni sito. La scelta è stata fatta in base alla dimensione dell’area (almeno un ettaro di superficie) e al ruolo potenziale nella rete ecologica. In alcuni siti meglio conservati, inoltre, sono stati effettuati prelievi di suolo e monitoraggi con fototrappole, per valutare la presenza dei ricci ed altri mammiferi.
Tra le “sorprese” più rilevanti vanno segnalate la presenza di volpi e ricci anche nel pieno del tessuto urbano, la ricchezza entomologica di alcuni siti, con più di 25 specie di farfalle identificate, e la visita ricorrente (ma non la nidificazione) di uccelli legati ad ecosistemi di pianura ben conservati, come il lodolaio, il picchio verde e l’averla piccola, che normalmente non visitano le città così grandi.
I monitoraggi e le interviste sul campo hanno evidenziato le priorità progettuali da perseguire, come mantenere e aumentare la complessità strutturale (più specie arboree di età diverse) delle aree boscate che ospitano le popolazioni di uccelli forestali più esigenti, quali i picchi (specie focale); migliorare la dotazione di siepi in alcune spazi aperti e incolti per consolidare le comunità di farfalle diurne presenti, così come di uccelli legati alle aree agricole; rafforzare il ruolo di presidio svolto dall’area nodale con orti condivisi, in modo da sostenere al meglio le comunità animali già presenti.
Per favorire la libera circolazione dei piccoli mammiferi, quali i ricci, nelle aree verdi più ampie sono stati progettati interventi mirati di deframmentazione, di ottimizzazione degli habitat e per mitigare l’impatto delle strade principali nelle aree più vulnerabili.
Sfruttando anche alcuni momenti partecipativi (bioblitz, incontri divulgativi, l’apposito blog http://riconnettimi.blogspot.com/), il progetto ha individuato gli interventi prioritari per il potenziamento del patrimonio vegetazionale attraverso la realizzazione, lo sviluppo e il potenziamento di corridoi ecologici terrestri e fluviali per soddisfare le necessità emerse, primo passo previsto per la realizzazione delle connessioni ecologiche tra due grandi parchi pubblici, quali il Parco Regionale Nord Milano e il Parco della Balossa, separati dall’autostrada A4 Torino-Venezia.
Anche a scala di dettaglio, sono state tracciate le connessioni tra aree verdi, fasce vegetali lungo arterie di traffico, filari alberati, giardini di quartiere, aree incolte o minacciate da urbanizzazioni. Tra queste, una particolare attenzione ha avuto l’area verde di quasi 10 ettari, a ridosso del parco dell’ex Ospedale Psichiatrico, diventato un polmone verde importante per il quartiere, rinominato “Parco POP” e difeso da un ampio comitato di cittadini contro la sua trasformazione a residenze. È stata anche valutata la stima del valore di rendita annua fornita dal parco, in termini di servizi ecosistemici erogati (VET), con un valore annuo variabile tra 85mila e 368mila Euro (Neonato, Tomasinelli, 2013).
Le indicazioni dello studio sono state recepite a luglio 2018 all’interno del nuovo Documento di Piano e relative varianti del Piano dei Servizi e delle Regole (VAS/Rapporto ambientale) del Piano di Governo del Territorio (PGT) del Comune di Milano.
Conclusioni
Oggi più che mai è importante guardare alla città ed al verde urbano con una visione d’insieme, che prenda in considerazione il valore dei servizi ecosistemici nelle scelte pianificatorie. Lo strumento della rete ecologica polivalente può svolgere un ruolo di primo piano in questo contesto, fornendo una trama sulla quale lavorare, organizzando le singole aree verdi in un disegno più ampio. Gli effetti di tale approccio sono visibili su più livelli: a scala locale, perché rendono più vivibili e gradevoli gli spazi verdi anche nel lungo periodo; a scala urbana perché tali spazi verdi beneficiano delle ricadute positive derivanti dalla rete ecologica; a scala territoriale perché questa trama verde può dare un contributo positivo a fenomeni di area vasta, come la gestione dell’acqua piovana, l’attrattività turistica e i flussi migratori dell’avifauna. Questo implica però un nuovo approccio al verde urbano, non più considerato come un elemento di arredo e decoro, ma una risorsa progettata e gestita di conseguenza.
Bibliografia selezionata
Atti del Convegno Nazionale Architetture e fauna, Livorno 2017
Battisti C., Romano B., 2007. Frammentazione e connettività. Dall’analisi ecologica alla pianificazione ambientale. Città Studi
Dinetti M., 2009. Biodiversità urbana. Bandecchi & Vivaldi
Dinetti M., 2000. Infrastrutture ecologiche. Il Verde Editoriale.
Malcevschi S. 2010. Reti ecologiche polivalenti. Il Verde Editoriale.
Millennium ecosystem assessments, 2005. Global assessment report, IslandPress, Washington, Covelo, London
Neonato F., Tomasinelli F., Colaninno B., 2019a. Oro verde. Quanto vale la natura in città, Il Verde Editoriale, Milano;
Neonato F., Colaninno B., Tomasinelli F., 2019b. Urban Green Ecosystem services: TEV as tool for managing environmental problems in urban areas. Economics and Policy of Energy and the Environment, Franco Angeli Edizioni;
Tomasinelli F. 2014. Vado a vivere in città. Introduzione alla biodiversità urbana. Il Piviere.