Innovazione digitale e smart city non sono la panacea. Occorre ancora mettere le persone al centro
Innovazione digitale e smart city non sono la panacea. Occorre ancora mettere le persone al centro – Quando si parla di smart city, molti pensano che a dare tutte le risposte alle questioni aperte sarà la tecnologia. Uno studio fondamentale promosso da McKinsey Global Institute, tuttavia, intitolato “Smart cities: digital solution for a more livable future”, inizia con una premessa fondamentale: la smart city è quella che parte dalle esigenze dei cittadini per scegliere le tecnologie più adatte a soddisfare i loro bisogni e innalzare la qualità della vita; non viceversa.
Come migliorare gli indicatori di qualità della vita
Secondo il rapporto McKinsey Global Institute 2018 gli indicatori della qualità della vita, per esempio, potrebbero migliorare dal 10 al 30%, grazie a un corretto uso delle tecnologie digitali. Il primo passo è saper generare, catturare, analizzare volumi enormi di dati prodotti dai milioni di device in uso quotidianamente nelle città. L’analisi di questa immensa mole di dati può portare a prendere decisioni meglio ponderate in termini di contenimento dell’inquinamento ambientale, di implementazione della sicurezza, di efficientamento dei trasporti, di maggiore immediatezza dei soccorsi, di controllo dei consumi energetici e idrici. In poche parole, la finalità è quella di garantire un aumento della qualità della vita.
Il potenziale delle tecnologie nel miglioramento della qualità della vita
Per garantire questo approccio, la smart city ha bisogno di una buona base tecnologica, quindi di un’efficiente rete di connessione, ma anche di una buona diffusione di smartphone fra i propri abitanti. Quattro sono, secondo McKinsey, gli ambiti principali su cui misurare il potenziale delle tecnologie nel miglioramento della qualità della vita: sicurezza pubblica, trasporti e mobilità, salute pubblica, tutela ambientale.
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Sicurezza pubblica
In tema di sicurezza pubblica, l’elaborazione di mappe del crimine in tempo reale e la creazione di database sulla detenzione di armi potrebbero portare nelle città di grandi dimensioni (l’esempio verte su Rio de Janeiro) a salvare centinaia di vite ogni anno. Per questa via, potenzialmente, si potrebbero diminuire del 30-40% i crimini e ridurre del 25-30% i tempi di intervento dei soccorsi attraverso l’ottimizzazione delle trasmissioni e la sincronizzazione dei semafori.
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Trasporti
Il settore dei trasporti è ritenuto molto importante in tutti i processi di smartizzazione: metterci di meno per spostarsi ed evitare lo stress del traffico, sono tra i principali indicatori della qualità della vita. Grazie alle info in tempo reale su ritardi e traffico, è possibile risparmiare dai 15 ai 30 minuti al giorno, permettendo ai pendolari di aggiustare le rotte, anche in caso di emergenze. I principali strumenti sono i pagamenti ticketless, i semafori intelligenti, lo smart parking, la diffusione di info e alert in tempo reale.
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Salute pubblica
Attraverso sistemi proattivi e preventivi di monitoraggio da remoto (come i dispositivi wearable) è possibile ridurre i ricoveri, usare i dati per profilare gruppi sociali e quartieri a rischio, implementare la telemedicina, attraverso la quale si promuove una nuova modalità di interazione medico / paziente. L’unità di misura utilizzata è il DALYs, Disability-Adjusted Life Years, adottata dall’OMS per indicare la gravita globale della malattia. Combina l’effetto di mortalità e patologie in un numero che riflette anni di vita persi a causa della malattia, per disabilità o morte prematura. Grazie alle tecnologie digitali e all’analisi dei big data i DALYs potrebbero essere ridotti dall’8 al 15%.
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Monitoraggio ambientale
Dal punto di vista ambientale, le tecnologie digitali attualmente disponibili (smart metering, car sharing, semafori intelligenti) permetterebbero una riduzione del 25-30% dei consumi idrici, del 10-15% delle emissioni nocive, del 10-20% della produzione rifiuti.
Tutto vero, ma… La tecnologia non è la risposta a ogni domanda
“Nella nostra esperienza, la tecnologia e l’innovazione digitale hanno un ruolo importante, ma non sono tutto – spiega Attilio Di Cunto, amministratore delegato di EuroMilano – Ad UpTown, che è il primo smart district italiano, promuoviamo un sistema aperto e pronto a qualsiasi tipo di implementazione, ma stiamo ben attenti a non imporre alcun tipo di scelta ai residenti. Le case di UpTown sono dotate di ogni comfort domotico, ma poi è l’acquirente che sceglie come usarli. L’integrazione dei nostri appartamenti con Google Home e Alexia è pronta da tempo, sono a disposizione di chi li sceglie liberamente, ma evitiamo di inserirli senza il consenso dell’acquirente. Uno dei temi che spaventa molti, parlando di smart city è il “grande fratello”. E io aggiungo che la preoccupazione è giusta. La nostra è una scelta di prudenza, ma soprattutto di rispetto per le persone. Abbiamo ben presente cosa è successo a Toronto, in Canada, con il progetto smart city di Google: dopo un’iniziale fase di entusiasmo, i cittadini hanno cominciato a preoccuparsi di come sarebbero stati utilizzati i loro dati personali. Le insicurezze su questo tema hanno causato ritardi nel progetto. La nostra idea è che anche in questo ambito, prima di tutto si debba mettere la persona al centro, rispettandone i desiderata e garantendo la sicurezza della privacy”.
L’immagine è stata tratta dal rapporto McKinsey 2018 e rappresenta i tre “layers” della smart city.