Il miglior modo per predire il futuro è crearlo (A. Lincoln)
Il miglior modo per predire il futuro è crearlo (A. Lincoln) – Un vecchio detto, risalente al Medioevo, recitava così: “l’aria di città rende liberi”. La sapienza popolare aveva individuato nelle città, che passo dopo passo andavano affermandosi nel Vecchio continente, il luogo dove sarebbe stato possibile sfuggire alla millenaria legge della servitù. Dal Medioevo a oggi sono cambiate molte cose, fortunatamente, ma le città continuano a esercitare la più forte attrazione mai provata sui movimenti migratori in tutto il pianeta.
Da città a megalopoli
Il rapporto 2018 dell’Onu sull’andamento della popolazione mondiale afferma che nel 2050 il 70% della popolazione planetaria vivrà in aree urbane. Un dato esorbitante, che influenzerà lo sviluppo delle metropoli del futuro ormai prossimo, rendendo sempre più palese la trasformazione da città a conurbazioni di città.
Se è vero che le città diventeranno sempre più attrattive, dunque, è anche vero che dovranno trovare il modo di dare risposte sempre più performanti a una popolazione in continuo aumento ed evoluzione. Oggi si parla molto di smart city come prospettiva di sviluppo delle città, ma la smart city è davvero tale se prima di tutto propone ai suoi abitanti una filosofia e una qualità di vita smart. Quello che rende smart una città non è circondare di tecnologia i cittadini, bensì fare in modo che i cittadini adottino e usino le soluzioni tecnologiche in modo consapevole nella vita quotidiana per migliorare la propria qualità della vita. Diventare una smart city non è l’obiettivo, bensì un mezzo.
Prima di tutto “smart citizens”
A essere smart, dunque, dovranno essere soprattutto i cittadini, perché l’architettura e l’urbanistica, non potranno bastare a se stesse, se al centro della propria visione non porranno le persone, siano abitanti, lavoratori o fruitori del tempo libero. Proprio come diceva Gian Carlo De Carlo, grande innovatore dell’architettura italiana. Aiutare i cittadini a diventare smart, però, non significa circondarli di tecnologia al pari di tanti divertenti gadget: essere smart significa essere consapevoli delle ricadute delle proprie azioni e solidali nel raggiungere l’obiettivo del miglioramento comune della qualità della vita.
Fino a pochi anni fa gli amministratori locali, per esempio, vedevano le tecnologie smart primariamente come strumento per rendere più efficienti i propri uffici. Oggi le strategie smart partono dall’analisi dei bisogni dei cittadini e non dalla tecnologia in quanto tale. In questo senso la collaborazione fra imprese, cittadini e amministrazioni pubbliche diventa fondamentale.
Mettere in pratica la trasformazione
Questo, in pratica, che vuole dire? Significa avere una visione olistica della smart city; gli elementi sono quelli già citati: qualità dell’aria e dell’ambiente (sia in casa sia fuori), facilità di spostamento su rete pubblica (possibilmente elettrica), incentivazione dell’uso di auto elettriche (predisponendo i punti di ricarica nei box e aree dedicate nei parcheggi pubblici e condominiali), avvicinamento dei servizi alle residenze (esercizi commerciali, ma anche scuole, ambulatori, palestre), proporre attività di intrattenimento culturale e ricreativo per favorire la socialità (placemaking), rendere fruibili ampie aree verdi per il tempo libero.
Significa mettere intorno a un tavolo enti pubblici e operatori privati, perché fare l’interesse pubblico non per forza si scontra con la sostenibilità economica. Significa avere il coraggio di proporre innovazioni che col tempo muteranno positivamente le abitudini di vita quotidiane.